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INTERVISTE | Michele Sarzilla: “Il Titanium Challenge? Prima di tutto una sfida con me stesso”

INTERVISTE | Michele Sarzilla: “Il Titanium Challenge? Prima di tutto una sfida con me stesso”

Testa, cuore e gambe. Michele Sarzilla, atleta del DDS-7MP Triathlon Team, è “semplicemente” questo. Ci mette testa, cuore e gambe in tutto quello che fa: che sia triathlon, che sia “dove e quando c’è bisogno”. Come nello scorso lockdown, quando ha deciso di inforcare la bicicletta per la sua Bergamo, facendosi promotore del progetto solidale “La città dei mille grazie”.

Testa, cuore e gambe le mette ovviamente anche nel triathlon, il suo sport, la sua passione, oltre che la sua professione. Soltanto nel 2019 ha vestito la maglia tricolore per ben tre volte: ai Campionati Italiani di duathlon classico, di triathlon olimpico e di triathlon olimpico no draft.

Michele, il prossimo 29 maggio, sarà al via del Titanium Challenge: «Sono sempre stato attratto dall’inesplorato, dallo sconosciuto, soprattutto quello che si racchiude dentro di me. Mi spiego meglio: quando mi hanno detto di questa gara così diversa dalle altre, così unica, ho subito iniziato a pensare a come potrei affrontarla, a quello che potrebbe succedere al mio io durante la gara, a come potrei reagire e portare a termine un’esperienza simile e al fatto che questa gara cambierà in positivo il Michele atleta e triatleta. Da sempre gareggio per arrivare primo, per vincere la sfida contro gli avversari, questa volta penso che la sfida sarà innanzitutto con me stesso e sono sicuro che sarà un’esperienza di vita indimenticabile.

Uno degli aspetti che mi affascina di più è l’atipicità delle distanze e l’ordine mischiato delle discipline e, per essere del tutto sinceri, il montepremi! Stellare, mai visto in una gara in Italia».

Dovrai “cambiare” programma di allenamento per affrontare questa gara nel migliore dei modi?
«Sicuramente sì, sono un triatleta da distanze corte. Ci sono molte variabili diverse tra la disciplina corta e quella medio-lunga: la bici in primis, dal momento che nel corto si usa la bici da strada mentre nel lungo si pedala su una TT. Questo vuol dire percorrere numerosi chilometri in posizione aero e ci dovrò fare l’abitudine. Dovrò aumentare le ore in sella, i chilometri di ogni uscita così come quelli delle sessioni di corsa a piedi. Ma a tutto questo penserà il mio coach, io devo solo preoccuparmi di eseguire gli ordini che mi verranno dati. Vero Fabio Vedana? (ride, ndr).»

Hai già gareggiato su percorsi così lunghi?
«No, mai. La distanza più lunga che ho percorso di corsa finora è stata di 29 chilometri circa, mentre in bici sono arrivato a percorrerne 180 circa, ma mai in gara e soprattutto mai in maniera conseguente. Mi piace però pensare che i limiti esistano solo nella nostra mente. In fondo anche il calabrone se sapesse di non poter volare non volerebbe, e invece…»

Con il tuo team hai appena vissuto un training camp di tre settimane proprio in Toscana. Come ti senti?
«Rinato! Sono uno che appena parte per un training camp rinvigorisce, cambiare aria e isolarmi da tutte le problematiche del giorno per giorno mi aiuta a rimanere concentrato. Nei periodi di training camp mi sento un atleta “vero”, mi sveglio al mattino con l’idea che tutto quello che verrà fatto durante la giornata avrà il fine di migliorare la mia prestazione atletica, zero preoccupazioni e zero energie sprecate. Per uno come me che era abituato a lavorare e ad allenarsi nei ritagli di tempo è una vita facile. Inoltre il gruppo di persone, atleti e coach, con i quali ho condiviso questi giorni è stato magnifico e ciò ha aiutato molto. Abbiamo potuto lavorare chiusi in una bolla e quindi lontano da problematiche derivate da covid, ciò ha giovato in tranquillità e serenità in un periodo in cui molti di noi vivono con stress la situazione e le possibili conseguenze che potrebbero vedersi rispecchiate nelle gare e annullamenti delle stesse. Per quanto mi riguarda, mi sento molto bene, le sensazioni in allenamento sono ottime e in crescendo giorno dopo giorno, sto lavorando per migliorare il mio punto debole, il nuoto, e mantenere a un buon livello la bici e la corsa. Ancora qualche settimana di rifinitura e sarò pronto per iniziare la stagione!»

Su cosa si è concentrato il lavoro svolto?
«In questo periodo dell’anno generalmente lavoriamo molto sulla quantità e molto meno sulla qualità degli allenamenti, ciò vuol dire tante ore in sella alla bici (più di 500 chilometri a settimana) e tanti chilometri a piedi (anche più di 100). In questo modo cerchiamo di creare una buona base aerobica sulla quale poi inserire lavori specifici di passo gara più avanti nella stagione. Come ho detto, sto lavorando molto in acqua (ormai le sedute sotto i 5 chilometri sono sempre più rare) in modo da colmare il gap con i migliori emerso nelle gare di Coppa del Mondo che ho disputato nel 2020. Un ultimo ma importante aspetto su ci siamo concentrati è stato l’aspetto mentale: la sera durante la cena abbiamo spesso analizzato alcuni fatti successi durante il giorno e trovato un fattore di miglioramento.»

Toscana, Toscana e ancora Toscana: è vero che è una delle regioni più belle d’Italia, anche per chi pratica sport?
«Verissimo, terra magnifica. Conoscevo bene altre zone di questa regione come Siena, Firenze e Montepulciano ma non Piombino e dintorni. Ero solito realizzare il rituale camp invernale all’estero, a Cipro o alle Canarie, posti dove il clima anche in inverno è caldo, ma devo ammettere che questa regione non ha nulla da invidiare a questi luoghi, in più con la comodità di essere vicino a casa e di poter mangiare un ottimo piatto di pasta la sera, cosa non indifferente. Ci sono ottime strade per pedalare, poco traffico, abbiamo trovato una piscina aperta e disposta a ospitarci e infine tanti percorsi in sterrato su cui correre. Cos’altro chiedere?!»

Quanto ti manca gareggiare?
«Devo dire la verità, mi è mancato tantissimo gareggiare durante la scorsa estate, quando le gare c’erano e venivano annullate. Ora che non sono ancora iniziate, l’obiettivo su cui mantenere la concentrazione è la nuova stagione e questo processo mi mantiene abbastanza focalizzato. Delle competizioni mi manca il contatto con le persone, l’adrenalina che solo in una gara riesci a percepire, viaggiare e conoscere nuovi posti e poi il sentirmi vivo, il mettermi alla prova e cercare di migliorarmi sempre.»